giovedì 26 febbraio 2015

Oscar 2015 - considerazioni e suggerimenti

Mi limiterò a brevi considerazioni in merito a 7 degli 8 candidati al premio quale miglior film (non ho visto Selma, nelle sale solo da un paio di settimane) e al pronosticato vincitore fra quelli in lingua straniera (Relatos salvajes – Storie pazzesche) che però è rimasto a bocca asciutta.
Birdman, di Alejandro González Iñárritu
Vincitore, aveva in effetti pochi concorrenti e le previsioni lo davano in lotta solo con Boyhood, grande progetto, ma poco potente e di minor impatto. La metà dei film in lizza si basavano su avvenimenti e personaggi reali (Turing, Hawking, M. L. King e Kyle) e gli altri due erano una deliziosa commedia pressoché surreale e un film quasi interamente musicale, ossessivo e limitato in una sala prove. Mi è piaciuto, ha senz’altro meritato ma volendo trovare qualche pecca potrei dire che ha esagerato un po’ nelle riprese/inseguimento nei corridoi del teatro, con la musica un po’ ossessiva (ancorché necessaria per sottolineare lo stato mentale del protagonista) e le troppe scene con telecinesi. Ottimo Michael Keaton che era l’unico che poteva competere con Eddie Redmayne fra i migliori attori protagonisti. Film da non perdere.
American Sniper, di Clint Eastwood
Un altro buon film di Clint Eastwood, anche se non memorabile, su un argomento discusso e scottante che ha diviso e divide l'opinione pubblica. Per giunta era probabilmente era l'anno sbagliato (elezioni) per il premio, ma forse serviva a qualcuno come propaganda per identici motivi. A prescindere dal soggetto e da un punto di vista strettamente cinematografico è di gran lunga superiore ad altri che facevano parte dei candidati alla statuetta più ambita. Per esempio The imitation game e The theory of everything devono tutto a storie che colpiscono platee più ampie e su ottime interpretazioni dei protagonisti, ma niente di piu. Mi hanno lasciato un po’ perplesso alcune scene nelle quali soldati (e non semplici coscritti, ma seals) sono troppo rilassati nel bel mezzo di sparatorie (Kyle parla con la moglie via satellitare mentre gli sparano addosso …). Per il resto la presentazione “dell’eroe buono” è ben sviluppata, e i salti temporali e l’alternanza guerra in Iraq / vita familiare in America sono fluidi e non si sofferma più del dovuto sugli scontri a fuoco. Non lo classificherei come film di guerra vero e proprio ed i momenti di tensione sono di alto livello. La violenza fisica è quasi assente e di gran lunga minore della media di film e telefilm trasmessi quotidianamente. Film da non perdere a meno che non siate assolutamente allergici alla vista del (poco) sangue. 
Boyhood, di Richard Linklater
Di Boyhood ho già parlato in un post di qualche giorno fa. Avrebbe meritato di più, ma forse era troppo "anomalo" per gli Oscar. Almeno Patricia Arquette ha vinto l’Oscar come migliore attrice non protagonista. Non conosco le interpretazioni di tutte le altre contendenti, ma certamente la sua era più che convincente e soprattutto notevole per essere "spalmata" nell'arco di 12 anni. Avrebbe meritato anche Ethan Hawke per identici motivi ma si è trovato a competere con un ottimo J. K. Simmons che, oserei dire, è il vero protagonista di Whiplash e regge il film quasi da solo. Probabilmente anche Robert Duvall (uno dei grandi attori di Hollywood, sempre sottovalutato) poteva essere un altro candidato. Da vedere.
Grand Budapest Hotel, di Wes Anderson
Commedia intelligente, surreale, ottimamente interpretata, corale, ma oltre al limite di essere una commedia (difficile primeggiare) secondo me aveva anche un limite temporale. Infatti era nelle sale da un anno (dal febbraio 2014) e quindi era stato visto, analizzato, osannato e criticato mentre le altre pellicole si avvantaggiavano dell'attesa, dell'aspettativa. La maggior parte degli altri sono arrivati al grande pubblico nell’autunno 2014, American sniper e Selma a gennaio 2015. Se vi volete divertire con un buon prodotto, arguto, ben costruito, con ottimi attori, senza inutili volgarità, con scenografie e costumi coloratissimi e personaggi simpaticamente e genialmente esagerati non dovete assolutamente perdervelo. Non per niente si è aggiudicato 4 Oscar che possono sembrare secondari ma in questo caso sono importantissimi e significativi: costumi (l’italiana Canonero), trucco, scenografia e colonna sonora.
The Imitation Game, di Morten Tyldum
Film interessante, pulito, con buona interpretazione di Benedict Cumberbatch (nella parte di Turing), ma non all’altezza degli altri contendenti all’Oscar come miglior attore protagonista. Film senza infamia e senza lode.
Selma, di Ava DuVernay (non l’ho visto, quindi non commento)
The Theory of Everything, di James Marsh
Discorso molto simile a quello fatto per The Imitation Game, ma onestamente una spanna più in alto, sia per come è sviluppata la storia nell’arco del tempo, sia per migliori interpretazioni in generale sulle quali emerge quella eccezionale di Eddie Redmayne che si è aggiudicato il suo personale e meritatissimo Oscar. Straordinario in particolare il modo di gestire il corpo che mi ha fatto tornare alla mente alcune grandi interpretazioni di Lon Chaney. Da vedere.
Whiplash, di Damien Chazelle
I punti di forza sono senz’altro J. K. Simmons e l’ottimo il montaggio, forse anche la musica per chi ama il genere. Molti conoscono J. K. Simmons (miglior attore non protagonista) per aver interpretato per vari anni lo psicologo della procura nella serie televisiva Law and order, infatti è sempre stato molto più presente nelle serie televisive che non nelle produzioni per il grande schermo. Il film si svolge quasi completamente in sala prove, con musica che si ripete all’infinito. Seppur tecnicamente ottimo, il montaggio è stracolmo di primi piani delle varie parti della batteria sulla quale schizzano gocce di sudore e di … sangue (pressoché inconcepibile e irreale). In conclusione, se non vi piace il jazz (e in particolare le percussioni, la batteria) andate a vedere un altro film. 
Concludo questo breve excursus parlando di Relatos salvajes dato per favorito fra i film non in lingua inglese. Non faccio paragoni con gli altri in quanto non li ho visti, ma vi ricordo che ha vinto il film polacco Ida, di Paweł Pawlikowski.
Il film di Damián Szifrón, uscito in Italia con il titolo Storie pazzesche, è un film strano, composto da sei episodi (il che non è certo una novità) di varia durata, come short stories completamente scollegate fra loro se non per l'escalation dell’insofferenza e della rabbia repressa, ma solo fino a un certo puto, dopodiché si perviene ad azioni folli. Come per tutti i film del genere, ogni spettatore preferirà l’una o l’altra storia, spesso influenzato da passate esperienze personali (riconoscendosi quindi nella situazione) e valutando la plausibilità della breve trama, la genialità della follia, il colpo di scena finale (caratteristico delle short stories). 
Pur non volendo stilare una vera e propria classifica dei sei episodi, sono rimasto perplesso per il loro ordine. Il brevissimo, geniale primo episodio lo avrei visto come perfetta conclusione, con il fermo immagine finale adatto anche per far scorrere i titoli di coda. E viceversa, quello che conclude il film lo avrei anticipato, e di molto, in quanto pur iniziando e sviluppandosi bene e con interessanti sorprese manca proprio nel finale. É forse questa la ragione per la quale è stato scelto per concludere la pellicola? Per avere un finale dissimile dai precedenti? Anche se questa fosse la ragione che ha spinto Sfrizón, dal mio personalissimo punto di vista avrei preferito una più logica escalation. Perla di humor nero da non perdere assolutamente.

mercoledì 25 febbraio 2015

Carnaval de dia, l’attesa (Puerto de la Cruz)

A Tenerife i festeggiamenti del Carnaval durano 10 giorni, dalla Cabalgata Anunciadora del venerdì prima del martedì grasso fino alla domenica successiva ad esso. Ciò vale sia per quello più famoso della capitale Santa Cruz (secondo solo a quello di Rio) sia per il “fratello minore” di Puerto de la Cruz. In entrambe i casi il carnevale vero e proprio è notturno e infatti quasi ogni giorno (ossia notte) la musica suona a tutto volume fino alle 6 di mattina, come da programma, ma non vanno un minuto oltre. Tuttavia durante il giorno ci sono sempre altre attività come sfilate per bambini, concorsi canori, carros locos (tricicli e quadri cicli carnevaleschi, a breve le foto), la corsa di ragazzotti che calzano scarpe con tacchi esagerati (Mascarita ponte tacones), ecc. 

Per quest’ultimo classico suggerisco di fare una ricerca in rete fra le immagini e ne troverete tante (c’erano circa 200 partecipanti), alcune sensazionali sia per i travestimenti molto elaborati e trasbordanti sia per le situazioni. 
Da vari anni c'è anche il cosiddetto Carnaval de dia che prevede la sfilata diurna dei carri, dei gruppi musicali, murgas, comparsas, ballerine e ballerini, Reina del Carnaval, Damas de honor ecc. Questo carnevale, pur perdendo il fascino della notte e delle luci, è particolarmente frequentato e amato non solo dagli stranieri, sia residenti che svernanti, ma anche dai tanti turisti di passaggio e dalle famiglie con bambini piccoli.
Uno dei tanti aspetti singolari e positivi è la partecipazione di quasi tutti gli spettatori nel senso che anche chi non sfila si travestono con costume completo o almeno con una parrucca o cappello originale e appariscente. Alcune comunità straniere hanno addirittura i loro gruppi che sfilano ed anche un palco d'onore riservato (lo noterete facilmente fra le foto). In particolare i finlandesi anche se forse non sono i più numerosi sono senz'altro i più attivi. Ma penso che siano proprio i più numerosi almeno a giudicare dai bar, ristoranti e circoli che espongono bandiere finlandesi e propongono non solo menù tradotti in finlandese, ma anche tipiche pietanze finniche. Quest'anno il loro gruppo sfilava al seguito di una sauna mobile con un folto seguito e chi non era in costume da bagno vestiva di bianco e azzurro, i colori nazionali e non poteva ovviamente mancare Babbo Natale. 

Questo è l'album Google+ con tutte le foto del pre-sfilata, l'altro sarà online a breve. Le foto che ho scattato sabato pomeriggio sono divise in due diversi album, il primo comprende quelle precedenti l'inizio della sfilata e l'altro quelle scattate con i gruppi completi e in movimento. 
Era mia intenzione fornire un'idea dell'ambiente festoso, familiare e assolutamente sereno. Spero di esserci riuscito anche se il cielo molto nuvoloso non mi ha certo facilitato il compito. Penso che comunque riuscirete a notare l'estrema rilassatezza dei partecipanti mentre si ritrovano nell'ordine prestabilito, completano i travestimenti, noterete famiglie al completo anche con infanti e cani, tutti in perfetta sintonia. Ho inserito qualche commento alle foto ma certo non potevano essere troppo lunghi. Cercate di osservare anche i dettagli e persone sullo sfondo, ce ne sono sempre di molto interessanti.

lunedì 23 febbraio 2015

Strafalario: lemma che quasi tutti disconoscono …

... e oggi pochi conoscono pur essendo, a mio parere, una delle tante affascinanti parole del napoletano classico che, tuttavia, diventa sempre più desueta e non certo per mancanza di strafalariCome spesso accade, c'è un motivo per questo post ed è il fatto che di recente mi sono imbattuto un paio di volte nel termine spagnolo estrafalario concludendo, forse frettolosamente, che il vocabolo napoletano derivasse da esso. Per mia, solita, curiosità sono andato a leggere la definizione sul dizionario online della RAE (Real Academia Española, l'equivalente della nostra Accademia della Crusca) e con mia sorpresa la nota etimologica recitava: (Del it. dialect. strafalario, persona desaliñada) (!) quindi dall’italiano dialettale, pur segnalandone l’uso in Spagna fin dal ‘700. E di seguito riporto la definizione che specifica l’uso colloquiale del termine e lo classifica solo come aggettivo mentre in altri testi viene proposto anche come nome. I significati sono assolutamente identici a quelli classici napoletani e non per forza negativi.
1. adj. coloq. Desaliñado en el vestido o en el porte. 
2. adj. coloq. Extravagante en el modo de pensar o en las acciones. 
E su altro testo, in chiaro: La palabra estrafalario procede del italiano dialectal strafalario, persona desaliñada.
Effettuando poi una ricerca online fra i vocabolari e testi napoletani antichi ho trovato:
strafalario . uomo miserabile . È voce tutta degli Spagnoli, che dicono estrafilario nello stesso senso (Vocabolario delle parole del dialetto napoletano che più si scostano dal dialetto toscano ... di  Ferdinando Galiani, Porcelli, 1789)
strafalari (che anche dicesi Strafusari). Avventato. Uomo inconsiderato, precipitoso. - Gli Spag. hanno estrafilario per uomo mal in arnese, meschino. (Vocabolario milanese-italiano Francesco Cherubini Stamperia Reale, 1814)
strafalario: uomo trascurato e sciatto, ... (Vocabolario napoletano-italiano, Raffaele Andreoli, 1887)
Ho evidenziato in giallo due precisazioni (molto strano trovare la seconda in un vocabolario milanese) che sembrano sostenere il contrario di quanto affermato dalla RAE e mi hanno "illuminato" in merito alla possibile vera origine del termine che nessuno cita con chiarezza per provenire da altro idioma. Ho ipotizzato che estrafilario potesse molto semplicemente derivare da extra filario, fuori dell'allineamento, della norma, della consuetudine, quindi originale, stravagante, ecc. e detta supposizione sarebbe assolutamente congruente con il significato più comune della parola strafalario, almeno per gran parte del ‘900. In questo periodo pare che in Italia fosse utilizzato comunemente solo in napoletano e in siciliano (ma in Trinacria con significati un po’ diversi e soprattutto dispregiativi simili a quelli proposti a inizio '800 come "uomo miserabile" e "meschino").
Estrafalario è identico in spagnolo e in portoghese e, controllato il vocabolario lusitano, ho appreso che anche i portoghesi sostengono l’origine spagnola del lemma e concordano perfettamente con i significati più frequentemente associati sia in spagnolo che in napoletano:
(espanhol estrafalario) adjectivo Que mostra falta de elegância ou de agilidade. = DESAJEITADO  
Que é esquisito ou pouco convencional
Come dicevo, esiste anche in siciliano diventando Strafalaria/u ma come primo significato viene proposto “Cialtrone”, mentre per il femminile si intende soprattutto “donna di facili costumi”. Può tuttavia essere attribuito a chi è “Stravagante. Strampalato”. Anche in napoletano il termine ha ampliato il suo campo di applicazione diventando anche sinonimo di "scansafatiche inveterato", "fannullone patentato", "scombinato". Resta, in line di massima, principale l'idea dell'originalità, assoluta mancanza di conformismo, in particolare per quanto riguarda l'abbigliamento.
 

estrafalario: desaliñado en el vestido o en el porte. Extravagante en el modo de pensar o actuar. (Diccionario Porrua Mexicano)
estrafalario, estrafalaria - adj. Extravagante, ridículo: Ese hombre lleva un sombrero estrafalario.
   
Nel forum  Scioglilingua (di Giorgio De Rienzo e Vittoria Haziel, Corriere della Sera) fu pubblicato questo post a firma di Vienna Adria 
strafalario… extrafalário(a) è un sostantivo/aggettivo di uso corrente sia in portoghese che spagnolo più o meno con lo stesso significato del dialetto siciliano. Ci risiamo con i "residui" della dominazione spagnola in Italia, Tuttavia questa volta si tratta di residui della dominazione romana nella penisola iberica. Infatti la falarica (sp.e port.= falério) era un giavellotto usato dai romani in quelle lande. Se ne dovrebbe dedurre que "extra-falário" era qualcuno che non si adattava agli usi e costumi dei dominatori.
Per quanto simile a quella da me proposta, questa dei giavellotti mi sembra una etimologia un po’ più forzata e meno attinente al significato della parola nelle varie regioni fra le quali, oltretutto, non viene citata la Campania e tantomeno Napoli. Ma, fino a prova contraria, tutte le teorie sono accettabili e rispettabili.
Per sottolineare i modi molto diversi e non tutti assolutamente negativi, posso affermare che posso pensare di essere senz'altro uno strafalario in quanto non conformista nell'agire e nel vestire, ma certamente non sono un bighellone, perditempo e nullafacente (anche se qualcuno lo può pensare) e tantomeno meschino.

Ogni integrazione o ipotesi di diversa etimologia sarà chiaramente benvenuta.

sabato 21 febbraio 2015

Brigitte Bardot a Villa Malaparte (Capri)

Fra i tanti film girati a Capri molti includono inquadrature della famosa Villa Malaparte, singolare edificio costruito negli anni '30 sul promontorio roccioso di Punta di Massullo con viste sullo Scoglio del Monacone a sud e sulla Baia di Matermania a nord. In questa foto (da capri.it) oltre ad apprezzare la straordinaria posizione della villa, si nota anche molto bene la scalinata che si vede alla fine del filmato linkato di seguito.

Nel 1963 Jean-Luc Godard, uno dei principali rappresentanti della Novelle Vaguela scelse come set di molte scene del film Le mépris (1963), tratto dal romanzo di Alberto Moravia Il disprezzo (1954). Grazie alla produzione internazionale il film contava con un alto budget, inusitato per Godard, e un cast di altissimo livello, o almeno di richiamo, visto che la parte della protagonista fu affidata all'indiscussa star dell'epoca Brigitte Bardot. Oltre ai due co-protagonisti, Michel Piccoli e Jack Palance faceva parte del cast anche lo stesso Jean-Luc Godard nelle vesti dell'assistente di Fritz Lang che invece interpretava sé stesso. La lunga scena inserita in questo post inizia sulla terrazza della villa, segue la Bardot e Piccoli lungo le scale, mentre continuano a litigare, fino a giungere all'ultima rampa, vicino al mare.
A questo punto, in una relativamente lunga inquadratura fissa, lui si ferma mentre lei scende anche l'ultima rampa scomparendo dietro le rocce, si vede volare l'accappatoio giallo ai piedi di Piccoli e poco dopo compare Brigitte Bardot che nuota nelle azzurre e cristalline acque capresi (precisamente quelle di Cala del Fico). Cinema di altri tempi ...
Questo è il link al video https://www.youtube.com/watch?v=m36vXFmr6b0

Molte e dettagliate informazioni relative al film sono nella relativa pagina di Wikipedia. Vi sono addirittura elencate tutte le scene tagliate o modificate nella versione italiana. 

Fra le altre immagini trovate nel corso della mia ricerca c'è un documentario in bianco e nero, in francese, girato durante le riprese del film, in particolare quelle a Capri, sulla terrazza e all'esterno di Villa Malaparte
Oltre all'interesse per i luoghi a qualcuno potrà piacere per vedere effettivamente cosa avveniva negli anni '60 su un set cinematografico allestito all'esterno. 

venerdì 20 febbraio 2015

Assistenti fotografi: Totò contro Cantinflas

Il primo non ha certo bisogno di presentazioni, l’altro potrebbe dirsi un suo omologo d’oltreoceano essendo il più famoso attore (quasi sempre in ruoli comici) del periodo d’oro del cinema messicano. Con Cantinflas (all’anagrafe Mario Moreno, 1911-1993) in quanto a notorietà potevano competere solo due famosissimi cantanti/attori dell’epoca come Jorge Negrete e Pedro Infante (anche lui spesso protagonista di commedie). Qualcuno lo ricorderà nel film Il giro del mondo in 80 giorni nelle vesti di Passepartout, fedele servitore del protagonista Phileas Fogg, e per questa sua interpretazione hollywoodiana si aggiudicò il Golden Globe.
   
Cantinflas/Passepartout con David Niven/Phileas Fogg (a sx) e con Shirley MacLaine/Aouda (a dx)
Per sottolineare la sua notorietà e popolarità in patria, vi dico che fra le tante (demenziali) classifiche in rete, nella prima che ho trovato relativa ai messicani più famosi di sempre, Cantinflas compare addirittura al primo posto, Pedro Infante al secondo, terza è Frida Khalo e Pancho Villa solo decimo!
Nel film El señor fotografo una coppia di novelli sposi arriva nello studio fotografico nel quale Cantinflas lavora, proprio mentre si trova da solo. La scena che segue ci ricorda inevitabilmente quella, per noi ben più famosa, in Miseria e nobiltà nella quale Totò / Felice Sciosciammocca, senza avere alcuna esperienza, si trova a sostituire il vero fotografo Enzo Turco / Pasquale. In entrambe i film i malcapitati saranno derisi e insultati, in particolare lo sposo, e se ne andranno senza foto. Le scene non sono ovviamente identiche, ma lo spirito è lo stesso, la classica macchina su treppiede pure e, fatto rilevante, in entrambe i casi lo sposo e il fotografo si scambiano di posto con il secondo che si mette in posa abbracciato all’avvenente sposina. Anche se non tutti potranno cogliere le battute di Cantinflas, soprattutto a causa della sua caratteristica parlata veloce, confusa e spesso priva di senso, le similitudini sono evidenti.
Qual è l'originale? Il film di Cantinflas è del 1953, molto più recente della commedia di Scarpetta (1887) che però non includeva la gag del fotografo. Questa fu aggiunta per la versione cinematografica del 1954, insieme con altre come quella ugualmente famosa della lettera a lu Cumpare nepote
Sottolineando questa cronologia non voglio assolutamente evidenziare un "plagio" da parte di Totò, forse un riconoscimento, un probabile "omaggio" al più famoso comico messicano dell'epoca. Del resto l'adattamento di scene di altri film, da un epoca all'altra, in ambienti diversi e da un paese all'altro, è sempre stata prassi comune e molte volte vuole essere un vero e proprio tributo. Per esempio la scena della carrozzina che precipita per le famose scale di Odessa (La corazzata Potëmkin,1925, diretto da Sergej M. Ejzenštejn) è stata riadattata e citata in decine di altri film senza certamente costituire un plagio. La più conosciuto (seppur secondo me pessimo) “atto di ossequio” è quello nel film Gli intoccabili (1987, di Brian De Palma, con Kevin Costner, Sean Connery, Robert De Niro), ma altrettanto famose sono l’arguta caricatura fatta da Terry Gilliam in Brazil (1985) sostituendo la carrozzina con un aspirapolvere e la parodia demenziale in Una pallottola spuntata - L'insulto finale non della originale scena di Odessa, bensì di quella girata da De Palma, con numerose carrozzine ed anche un tosaerba che rotolano per le scale della stazione.
   
La corazzata Potëmkin, 1925 (a sx)                Gli intoccabili, 1987 (a dx)

mercoledì 18 febbraio 2015

Walking Festival, perché a Tenerife è possibile?

Ieri ho notato il manifesto del Tenerife Walking Festival organizzato dall’Amministrazione dell’isola tramite il suo ufficio del Turismo per il prossimo mese di marzo e di ovviamente ho approfondito l'argomento in rete. I punti di forza che facilitano la realizzazione di un tale evento sono la disponibilità e varietà di alloggi, che a Tenerife è chiaramente vastissima, e i numerosi i percorsi dei quali se ne propongono 15 di vario tipo, impegno e difficoltà, in diversi posti dell’isola a diverse quote. Fra essi gli iscritti scelgono i 4 itinerari che poi prenoteranno specificando le relative date di effettuazione. Il programma prevede l’incontro a Puerto de la Cruz martedì 10, con consegna del materiale informativo e a seguire cocktail di benvenuto. Le escursioni si svolgeranno dall'11 al 14 fra le 8.00 e le 18.00, con partenze scaglionate a seconda della loro durata e ubicazione. Per le serate sono previste altre attività turistiche e ricreative mentre sabato, dopo il rientro di tutti gli escursionisti, ci sarà la chiusura ufficiale. Nell’organizzazione sono state coinvolte associazioni internazionali come la ERA (European Ramblers’ Association), la FEDME (Fed. Spagnola degli sport di montagna e scalata) e la FECAMON (Fed. Canaria de Montañismo). Inoltre, a dimostrazione che con il supporto istituzionale si possono ottenere importanti facilitazioni, i partecipanti godranno anche dello sconto del 15% sui voli Iberia (compagnia area di bandiera spagnola). 
Personalmente, invece, posso "vantarmi" di avere una lunga storia di insuccessi in Penisola e Costiera, esponendo progetti a tanti qualificati interlocutori che molte volte hanno anche finto di ascoltarmi, si sono complimentati per le idee proposte e poi ... non si è concluso niente. Solo rarissime volte si è giunti a un risultato.
Vari anni fa sottoposi un programma simile a quello di Tenerife (con un minor numero di escursioni proposte, ma distribuite su tutto il territorio dei Monti Lattari) a vari Amministratori, ma chiaramente non se ne fece niente e quindi, a partire dal 2009, mi limitai ad organizzare autonomamente i miei Trek fra Amalfi e Capri con pernottamenti al Agerola, Faito e S. Agata con percorsi diversi anno per anno e di durata compresa fra i 5 e i 7 giorni.
Ma già una ventina di anni fa mi ero vanamente attivato preparando un progetto in parte analogo al suddetto e finalizzato alla creazione di una rete di sentieri, da promuovere come un unico sistema, e un coordinamento delle strutture ricettive vicine. La cosa era per me logica e assolutamente necessaria visto che la maggior parte dei percorsi si sviluppa in diversi territori comunali, talvolta facenti capo a Provincie differenti. Preparai una lettera, nella quale esponevo i dettagli essenziali del progetto e mi dichiaravo disponibile per un incontro di approfondimento, e la inviai agli Assessori al Turismo Provinciali, ai Sindaci e Assessori al Turismo di tutti i Comuni, dai due sull’Isola di Capri fino a Maiori, a tutte le AAST (Az. Autonome Soggiorno e Turismo) dell’area e anche a qualcun altro. Dagli Amministratori che conoscevo mi presentai direttamente senza aspettare risposta e mi comportai egualmente con i dirigenti delle AAST. Di tutti gli altri sapete quanti mi contattarono? Solo 1 ed esattamente l’Assessore al Turismo della Provincia di Napoli il quale mi invitò a un incontro. Nel corso della non breve esposizione del progetto mi parve sinceramente interessato, ma mi fece presente che era quasi a fine mandato e quindi tutto dipendeva da una sua eventuale conferma (che non ci fu).
Concludo sottoponendovi qualche domanda per cercare di individuare i motivi che impediscono la realizzazione di qualcosa di simile al Walking Festival di Tenerife. Rispondete con calma, avete tempo per riflettere:
  • pensate che non ci siano abbastanza sentieri nell’area dei Lattari?
  • o che, pur essendoci, non siano abbastanza interessanti e panoramici?
  • o forse c’è carenza di strutture ricettive?
  • o scarseggiano i minibus per i trasferimenti ai punti di partenza?
  • o mancano guide escursionistiche esperte del territorio?
  • o si deve aspettare che qualche “scienziato”, non-conoscitore del territorio, professionista (requisito non obbligatorio) in un campo non attinente all’escursionismo, presenti un progetto che consenta di sperperare (io direi “zazzariare”, che rende ancor meglio l’idea) centinaia di migliaia di Euro di denaro pubblico?
Penso che sospettiate che sono tutte domande retoriche e allora concludo con questa ultima che qualcuno “malignamente” vorrà leggere come un quesito un po’ provocatorio:
  • non potrebbe semplicemente dipendere dalla carenza di Amministratori attenti e efficienti, che non siano limitati da anacronistici e deleteri campanilismi e che si rendano effettivamente conto delle potenzialità dell’area per il settore escursionistico, di Albergatori (in senso lato e con buona pace dei pochissimi che si danno da fare) che si interessino del settore senza accontentarsi di “riempire” con le solite proposte di Capri, Pompei, Vesuvio, Amalfi e Positano e, infine, di Dirigenti degli uffici turistici istituzionali che non siano solo burocrati che non conoscono neanche il territorio che dovrebbero promuovere?
Parafrasando un tormentone di qualche anno fa, qualcuno potrebbe rispondere:
“L’ultima che hai detto”.

martedì 17 febbraio 2015

Due film che consiglio: “Boyhood” e "Im Labyrinth des Schweigens”

Entrambe sono diversi dai soliti prodotti proposti nelle sale italiane e quindi il primo, nonostante ben 6 nomination agli Oscar 2015, ha avuto brevissima vita mentre il secondo, presentato in anteprima al Festival di Toronto a settembre scorso e uscito nelle sale europee a novembre non è stato ancora proiettato in Italia, ma dovrebbe essere distribuito prossimamente, pare, con il titolo inglese Labyrinth of Lies.
Boyhood è un "vecchio" progetto di Linklater, infatti le riprese sono iniziate nel 2003 e terminate nel 2014. Segue la crescita di un bambino dagli 8 ai 20 anni utilizzando sempre gli stessi attori che per questo motivo si sono incontrati una volta l'anno. Quindi non ci sono trucchi per farli sembrare più vecchi o più giovani e se una persona dopo i 30 cambia poco e lentamente, ciò non è assolutamente vero nel periodo adolescenziale e l'impiego dei medesimi interpreti risolve brillantemente la situazione. Ci sono chiaramente personaggi che compaiono sono in alcuni periodi e quindi non sono approfonditi, ma i due ragazzi (il protagonista ha una sorella di poco più grande) e i loro genitori invecchiano naturalmente nel corso dei 12 anni.
Data la particolarità del film ci sono anche non pochi detrattori che però, pur criticandolo, lodano il progetto in sé. I critici sono invece assolutamente d’accordo in quanto ai meriti della pellicola. Il sito rottentomatoes che valuta i film sulla base delle recensioni pubblicate ne ha registrate 50 positive contro nessuna negativa fra i top critics e 256 contro 5 considerando tutte le recensioni. Faccio anche presente che oltre alle 6 Nomination all'Oscar Boyhood ha raccolto ben 140 premi e 121 nomination nei festival di tutto il mondo, quindi tanto male non dove essere.
Le 2h45' scorrono velocemente senza grandi avvenimenti, ma in modo fluido e senza pause tanto che a me è sembrato molto più breve di certi filmacci di un'ora e mezza o meno, di quelli che si spera finiscano presto, di quelli che già a metà della proiezione ti spingono a guardare l'orologio. Se, come è probabile, la settimana prossima vincerà qualche statuetta, potrebbe ritornare nelle sale italiane, anche se poi non vi resterà a lungo per essere comunque un film non per tutti e a causa della durata oltre la norma. Quindi, se pensate vi possa interessare, affrettatevi.
Linklater non è del tutto nuovo a realizzazioni simili. Infatti, ha scritto e diretto tre film collegati fra loro - Before dawn (1995), Before sunset (2004) e Before midnight (2013) - con gli stessi attori i quali interpretano gli stessi personaggi che si incontrano una volta ogni 9 anni. 
    

L'altro film, pur essendo stato scritto e diretto dall'italiano Giulio Ricciarelli non è ancora uscito in Italia in quanto si tratta di una produzione tedesca. Il soggetto trae spunto da un fatto storico, il processo di Francofortemolto meno conosciuto ma non meno importante di quello di Norimberga e successivo ad esso. Descrive parte degli avvenimenti che lo precedettero, ma non si addentra nella parte strettamente legale, analizzando piuttosto i risvolti sociali. Verso la fine degli anni '50, già in fase di ripresa economica e in piena guerra fredda, c'era chi voleva dimenticare, chi si vergognava di cosa aveva fatto (a volte costretto), chi scappava, chi nascondeva i suoi trascorsi nazisti e faceva finta di niente, chi voleva scavare nel passato inseguendo ideali di giustizia o solo la pura e semplice vendetta. Il film propone una vera e propria cospirazione (evidenziata nel titolo del film in spagnolo, La conspiración del silencio) per tentare di non far venire a galla quanto fosse realmente successo negli anni '30 e durante la guerra, organizzata da un gruppo di persone convinte che ciò avrebbe forse portato alla giusta punizione di alcuni, ma allo sfascio della società tedesca.
Infatti, in quante famiglie non c'era nessun ex-nazista, per forza o per scelta, e quale era stato il suo effettivo ruolo? Era necessario far sapere alle nuove generazioni cosa avessero fatto i loro genitori fino al 1945? Avrebbero capito i motivi del loro comportamento? Qualcuno a un certo punto ricorda al protagonista "in quegli anni eravamo tutti nazisti". 
Concludo con un riferimento a una situazione evidenziata quasi all'inizio del film che può sembrare incredibile, ma pare fosse reale: verso la fine degli anni '50 in Germania quasi nessuno aveva sentito parlare del piccolo paese di Auschwitz, in Polonia, e quindi di cosa fosse accaduto lì. A seconda del ruolo avuto chi c'era stato o non se ne vantava di certo o da sopravvissuto cercava di dimenticare, si arrendeva all'evidente impossibilità di essere ascoltato e creduto o si nascondeva sapendo che anche fra vicini potessero esserci alcuni dei tanti nazisti convinti, che egualmente si nascondevano seppur per motivi diametralmente opposti.
In ogni caso, e comunque la pensiate, il film non emette sentenze ma fornisce un'infinità di punti di vista e quindi altrettanti spunti di riflessione e valutazione. Essendo oltretutto ben costruito e ben interpretato, con un buona sceneggiatura alle spalle, mi sento di consigliare anche questo ... almeno ai non cinepanettonari. 

lunedì 16 febbraio 2015

Incidenti e (ir)responsabilità ... e altri QRcode

Ascoltando la radio un paio di giorni fa sono venuto a conoscenza del tragico incidente della Galeria de lo Cochinos (Tenerife) del quale si commemorava l'ottavo anniversario. In un primo momento avevo pensato a un incidente automobilistico, ma dopo poco è intervenuta una sopravvissuta che ha cominciato a descrivere quanto fosse successo e ho capito che si trattava invece di una escursione finita molto male.
Un gruppo di una trentina di amici erano andati in escursione e, non conoscendo il percorso, avevano contattato una guida che, per qualche motivo che non sono riuscito ad appurare, non fu in grado di accompagnarli. C'erano per la verità tre suoi associati, accompagnatori, dei quali però solo uno aveva effettuato quella passeggiata vari anni prima e in pratica, per sua stessa ammissione, non se la ricordava. Tutti sapevano che a un certo punto avrebbero dovuto percorrere una galleria lunga circa 600 metri (il che già comporta un certo rischio). Le cose si complicarono nel momento in cui arrivati all’entrata del tunnel trovarono una rete accostata all’ingresso, ma qualcuno vide un’altra apertura più grande nelle vicinanze, senza rete. Dopo essersi consultati via cellulare con la guida si avventurarono nella grotta con ingresso più ampio e senza rete e vi si sono addentrati per oltre 1 chilometro. A causa del poco ossigeno e della presenza di gas cominciarono i giramenti di testa, la sonnolenza e gli svenimenti. Eppure qualcuno voleva andare ancora più avanti pensando che l’uscita fosse più vicina dell’apertura dalla quale erano entrati. Le versioni qui sono discordanti in quanto la signora intervistata assicurava di essersi inoltrata per 1500 metri, altre versioni riportano che i cadaveri dei 6 che non ne uscirono vivi furono recuperati fra i 1200 e i 2000 metri di distanza dall’ingresso. La signora che è una dei sopravvissuti, e quindi era presente, chiedeva giustizia e se la prendeva soprattutto con le autorità, pur avendo affermato in diretta di essersi addentrati – a suo dire – per 1500 metri nonostante il tratto in galleria fosse notoriamente di soli 600, di essersi fidata di una descrizione via cellulare e confermando che gli accompagnatori avevano detto chiaramente che non erano sicuri che quella fosse la galleria esatta, ed era rimasta senza luce.
Io ne ho percorse parecchie di queste gallerie, ma sempre con persone che ben le conoscevano e sapevano esattamente quanto fossero lunghe e quando si sarebbe vista l’uscita. Si trattava in ogni caso di gallerie al più di poche centinaia di metri con minimo rischio di carenza di ossigeno, ma vi assicuro che fino all’apparizione del puntino luminoso (l’uscita) che poi si ingrandiva rapidamente, non ero del tutto tranquillo. Chiamatemi pure pusillanime, ma facendo parte di quel gruppo
* non mi sarei addentrato tanto
* data la lunghezza del tratto avrei senz’altro portato anche una luce di riserva
* anche volendo percorrere più di 600 metri, giunti al chilometro sarei tornato indietro e, per quanto possibile, di corsa
* non mi sarei fidato di una identificazione a distanza considerato che oltretutto chi c’era già stato (un accompagnatore) aveva chiaramente palesato le sue perplessità.
Non sarebbe stato più semplice provare anche l’altra (per un massimo di 700 metri) visto che per la posizione era quella giusta? Dopo soli 550 probabilmente avrebbero visto l’uscita e casomai avrebbero potuto mandare in ricognizione solo 3 o 4 più esperti, senza entrare in 30. E perché non tornare indietro o cambiare percorso visto che avevano varie possibilità? Secondo voi è troppo dire che se la sono andata a cercare? Che hanno voluto rischiare ben oltre i limiti della sicurezza e del buon senso?
Che si tratti di una galleria, di mare agitato, di rischio neve o di altro una legge di sopravvivenza non scritta ma tassativa stabilisce che se non c’è estrema necessità e/o maggior pericolo non si deve procedere e scegliere (se possibile) la migliore delle soluzioni fra restare dove ci si trova e tornare indietro. 
In nessuno dei due casi c’è da vergognarsi, al contrario si dovrebbe essere apprezzati per il buonsenso, in particolare se si è responsabili anche di altri.
Non è piacevole commentare questi fatti, ma penso che sia necessario farlo nella speranza di evitare che altre persone si trovino in condizioni simili o comunque di pericolo per aver sottovalutato la situazione e per essersi presi troppi rischi. 

Concludo il post con una più allegra nota, propinando a quelli che hanno meno dimestichezza con l'elaborazione di testo e immagini una nuova, ridotta raccolta di codici QR linkati alle cartine. Ho assemblato le quattro che riguardano la parte estrema della penisola che, più delle altre, sono interessanti anche per i non escursionisti. Mi riferisco in particolare all'intera carta del Progetto Tolomeo che, includendo anche tutta la viabilità stradale, può essere senz'altro utile anche a chi si muove in auto e non fa un passo a piedi e la carta dettagliata del centro di Sorrento, da Capodimonte alla Rota. 
Le altre due, più "escursionistiche" pur comprendendo tratti certamente accessibili a chiunque, rappresentano rispettivamente il sentiero delle Sirenuse e il Monte San Costanzo con i suoi immediati dintorni, vale a dire Termini, Punta Campanella, Jeranto e Nerano.  

domenica 15 febbraio 2015

Gastronomia, dalle Canarie al resto del mondo

In pochi giorni, per ragioni diverse e assolutamente non connesse fra loro, ho avuto occasione di fare considerazioni, da solo o con altri, in merito all'opportunità e al piacere di avere un'alimentazione quanto più varia possibile. Ho iniziato con una mia amica che mi chiedeva ricette per cambiare regime alimentare non fornendogliene, ma illustrandole le mie idee in merito all’alimentazione che, in linea di massima, sono quelle molto semplici suggerite in qualunque dieta bilanciata ... varietà, varietà, varietà e ingredienti (per quanto possibile) freschi e di stagione. 
Io mi reputo fortunato per essere fra quelli che non hanno restrizioni non essendo limitato da allergie o intolleranze, né da proibizioni religiose, né da scelte filosofiche. Avendo oltretutto una discreta apertura mentale di base, ulteriormente ampliata grazie ai miei tanti viaggi, posso anche divertirmi ad ordinare scegliendo un qualunque nome fra quelli scritti o proposti a viva voce e aspettare fino all'arrivo del piatto per capire (forse) di che si tratta. 
Ieri, nel corso della charla (chiacchierata) culinaria postprandiale con Tata, l'eccezionale cuoca della tasca (trattoria) di Punta Brava, ineludibile tappa giornaliera per pranzo, abbiamo considerato che in questi miei 10 primi giorni non ho mai mangiato due volte la stessa pietanza senza neanche aver avuto bisogno di aprire il relativamente scarno menu. Nella piccolissima cucina Tata (proprietaria e cocinera, nella foto) prepara ogni giorno qualcosa di diverso, piatti che non sono elencati in carta e spaziano da zuppe e minestre a pesce, carne e altro. Quello nell'angolo è il mio tavolo abituale, dei quattro che si trovato in questo minuscolo cortile (ma c'è anche qualche altro tavolo all'interno).
   
A volte ho mangiato piatti unici, a volte una minestra e qualcos’altro, quasi sempre ricette esclusive delle Canarie. Non mi dilungherò in descrizioni dettagliate limitandomi a fornire pochi indizi, invitando coloro che amano confrontarsi con nuovi sapori e combinazioni, e ancor di più chi ama cimentarsi ai fornelli, a fare una ricerca in rete, giusto per avere qualche idea e vedere come si presentano questi piatti (non potendo assaggiarli in loco).
Rancho canario (originale minestra con vari tipi di carne fresca, ceci, pasta, patate, verdure varie, spezie, …), Escaldon de gofio (tipicissima pietanza canaria, leggete la ricetta e qualcosa sul gofio, che si trova solo alle Canarie), Fideuà (simile alla paella, ma con pasta corta - fideos - invece del riso), lasagna di verdure (niente a che vedere con quella italiana, altro criterio), Garbanzas (zuppa di garbanzos, ceci, notate il cambio di genere), Fabada (attenzione, fabas sono i grandi fagioli “bianchi di Spagna”, precisamente asturiani, e non, come si penserebbe, le fave che invece sono habas), lentejas (lenticchie). Tutte le suddette minestre a base di legumi sono arricchite con spezie e vari tipi di carne fresca e/o insaccati.
Carni: conejo en salmorejo (coniglio in salsa tradizionale) e carne de cabra (stufato di capra, altro piatto tipico dell’isola) ... semplicemente eccezionale.
Pesci: cherne encebollado (cernia … con tante cipolle, oltre a pomodoro, peperoni e spezie), chicharros (sugarelli) - quelli di piccole dimensioni si friggono e si mangia tutto (testa, spine, coda), sono gli stessi che in Portogallo troverete sotto il nome di carapauzinhos, Tollos (canesca, una specie di squalo) nome esclusivamente canario, in Spagna è conosciuto come Cazón en adobo, e infine una classica dorada a la espalda (orata tagliata lungo le spine lasciando le due metà unite) e chocos (seppie) alla griglia. 
Fra i contorni hanno dominato le inevitabili papas arrugadas (letteralmente patate rugose) piccole patate di produzione locale servite con salse altrettanto tradizionali, fra le quali la mia preferita è il mojo verde (a base di olio con aglio, prezzemolo, coriandolo o cilantro che dir si voglia, un paio di tipi di peperoni; alcuni aggiungono cumino e/o aceto e qui iniziano discussioni infinite)
Ciò che vado a dire non vuole essere chiaramente un vero paragone fra i ristoranti tre-stellati e una tasca (o un qualunque guachinche collinare), ma a mio modesto parere la ricchezza, la semplicità, la spontaneità di queste pietanze tipiche, servite in economici piatti (tondi come da tradizione), le pongono ad un livello nettamente superiore a quello dei tristissimi piatti quadrati o a mezzaluna (firmati, chiaramente) dove giacciono sconsolatamente isolati e ammucchiati i 30 grammi di riso o i 35-40g di pasta, sormontati da una foglia a mo’ di bandiera, circondati da densi rivoletti di aceto balsamico (insopportabile in quanto ormai quasi onnipresente) e sorvegliati da un ciuffo di finocchietto da un lato e da una carotina tagliata in modo eccentrico dal lato opposto, il tutto "spolverato" con ... chissà che. 
Sono perfettamente conscio del fatto che molti non saranno d’accordo (almeno altrettanti, però, la pensano come me), ma fra questi due modi di vedere, e di mangiare, ci sono infinite possibilità per nutrirsi bene utilizzando ingredienti molto differenti e chi non è intransigente può senz'altro anche alternare cucina tradizionale e nouvelle cuisine. Direi che la diversificazione dovrebbe cominciare fin dal mattino, variando la prima colazione che è il pasto che per quasi tutti è il più ripetitivo e standardizzato o addirittura esattamente lo stesso 365 giorni l’anno.
A proposito di questa terza e ultima considerazione, vi invito a guardare il simpatico video, prodotto negli Stati Uniti e riproposto da Repubblica, nel quale si fanno provare a dei bambini delle prime colazioni tipiche di vari paesi. 
Non vuole essere niente di serio e non è una candid camera in quanto appare chiaro che è tutto organizzato e i giovani protagonisti sono ben consapevoli di essere ripresi, eppure delle reazioni sono assolutamente spontanee e certamente divertenti. Anche alcuni commenti sono esilaranti come quello del primo bambino che dice “ho appena trovato un pesce morto” o l’altro parlando del toast con cioccolato “la madre direbbe che non è assolutamente salutare” (non  trovo modo migliore di tradurre “too unhealthy”).
Come sono state proposte prime colazioni veramente diverse da quelle abituali, perché non ampliare l'idea allargandola ai pasti principali e coinvolgendo anche agli adulti? Perché non impegnarsi un po' per assaporare nuovi gusti, saggiare nuovi cibi, provare nuove combinazioni di ingredienti, anche comuni? Si avrebbe una gamma di scelta molto maggiore, si affinerebbe il gusto e con la varietà si migliorerebbe comunque la qualità dell'alimentazione.

venerdì 13 febbraio 2015

Barrio de la Ranilla, Puerto de la Cruz, Tenerife

Questo quartiere, per secoli abitato quasi esclusivamente da pescatori, è ora in buona parte pedonalizzato e con i suoi tanti ristoranti, cafeterias, cervecería y tapas fa una grande concorrenza alla vicina e più famosa Plaza del CharcoAl piacere di una tranquilla passeggiata fra i suoi vicoli bordati per lo più da basse case si aggiunge quello dell'essere circondati da un ambiente variopinto, dalla grande varietà di colori delle facciate e, da pochi mesi, anche da tanti grandi murales.
Nei giorni scorsi avevo già pubblicato delle foto su Google+, precedute da brevi introduzioni, e ora ho aggiunto una quarta serie tematica dedicata a balconi in legno, aperti, chiusi o solo coperti, e alle caratteristiche persiane.

Balconi e persiane
Tutte le persiane erano completamente chiuse, senza fessure, ma avevano degli sportellini superiori con cerniere verticali e nella parte inferiore delle ante centrali le gelosie con cerniere orizzontali. 
In particolare le gelosie erano quelle che consentivano di arieggiare le stanze senza far entrare neanche un raggio di sole e quindi mantenendo freschi gli ambienti. 
Nelle foto notate anche i gocciolatoi, anch’essi in legno di pino, dei balconi.
Qui riporto anche i link e i brevi testi introduttivi degli album precedenti riguardanti questo caratteristico quartiere di Puerto de la Cruz

Murales
Al di là del puro aspetto artistico, in genere piacevole e interessante, i murales hanno ulteriormente accentuato il già variopinto impatto visivo del Barrio de La Ranilla. Date le dimensioni dei murales e la loro posizione (spesso scomoda) che talvolta non permettono di apprezzare a dovere i dettagli, nell’album ho inserito sia foto d’insieme che di particolari che ritenevo significativi o, quantomeno, singolari.
   

Le case
Come detto, la maggior parte delle antiche case dei pescatori del Barrio de la Ranilla sono state ristrutturate e ridipinte. In particolare per quelle che, pur rimodernate, hanno conservato la struttura originale (solo pianterreno, tetto spiovente di tegole) sono stati usati colori spesso forti e vivaci senza tener conto delle tinte delle facciate circostanti. La gamma di colori è estremamente varia e ci si imbatte in interessanti contrasti anche fra pareti e infissi di uno stesso edificio. In qualche decorazione ed in alcuni particolari (foto iniziale) appare chiaro che i professionisti non si sono limitati a realizzare solo i murales.

    
Infine ho raccolto poche foto di esemplari di una grossa lucertola endemica dell’isola, il Lagarto de Canarias occidental, localmente conosciuto come Lagarto tizón (Gallotia galloti). La sua testa (e solo quella) si vede spesso sporgere fra le nere pietre di origine vulcanica con le quali sono costruiti i tipici muri a secco. I maschi, più grandi, hanno una caratteristica colorazione azzurra sotto la gola. Le femmine, di dimensioni più piccole sono di colore marrone scuro con striatura longitunale sul dorso.
  
Supplemento di foto di un paio di murales e Lagarto tizón (femmine).

Considerato che le superfici disponibili sono ancora tante, sarà interessante seguire i futuri sviluppi in quanto a colori delle facciate delle case e murales.

giovedì 12 febbraio 2015

Tracce gps e isoipse spesso non collimano

In attesa di ricevere da Luigi le tracce per aggiornare la cartina di Capri (vedi commento al post precedente) ritorno sull'argomento gps. Come ho già ribadito più volte, questa tecnologia può essere utile, deve essere utilizzata con cognizione di causa, i dati devono essere interpretati, non è il Demonio, ma neanche la Bibbia o sentenza di Cassazione. Nell'aggiornamento dovrò tenere quindi conto degli spazi e della leggibilità, restando quanto più attinente alla realtà.
Chi si occupa di cartografia sa bene che questo moderno problema si va ad aggiungere ai tanti altri che, di fatto, impediscono la realizzazione della carta perfetta, in particolare se derivata. "La carta perfetta non esiste" non è una scusa, bensì di un postulato della cartografia, messo ben in chiaro all'inizio di ogni testo o manuale che tratti la materia. Non volendomi impegolare addentrare in una discettazione senza fine mi limito ad accennare ad un paio di problemi irrisolvibili. 
Accantonata l'idea della terra "piatta" e vedendola come è (sferica o, meglio, un geoide) i cartografi si sono trovati ad affrontare una prima insormontabile difficoltà: rappresentare una superficie sferica su una piana. La topologia (scienza matematica) dimostra, senza lasciar spazio a dubbi o eccezioni, l’impossibilità di dell’operazione, se non rinunciando al rigore scientifico mediante adattamenti. E ciò ancor prima di considerate l'ulteriore problema della geomorfologia, dei rilievi. Le proiezioni potranno essere fedeli solo a determinati parametri, a discapito di altri. Esistono carte equidistanti (mantengono le proporzioni delle distanze), equivalenti (superfici), isogone (angoli), ma per soddisfare uno qualunque dei suddetti criteri si devono per forza non rispettare gli altri.
Anche per il secondo problema, più “filosofico”, si deve effettuare una scelta, o una mediazione, fra tre qualità specifiche delle mappe: completezza, accuratezza e precisione.
Ma torniamo al titolo del post. Ammesso e non concesso che una traccia gps possa essere assolutamente perfetta, non potrà certamente collimare con i dati di una carta non perfetta (come detto, non esiste). Introduco ora un nuovo elemento "destabilizzante": la generalizzazione. Questa tecnica, ineludibile e soggettiva, si accentua con il diminuire della scala. Quando, come è prassi comune, si va a sovrapporre una traccia gps ad un disegno esistente (carta base) si va ad accostare una linea - teoricamente precisa e perfetta - a tante altre (le isoipse) che sono frutto di generalizzazione, quindi non precise per definizione. Ecco due ingrandimenti di carte al 25.000 (I.G.M. e Regione) che pur avendo la stessa base hanno un impatto visivo ben diverso. Immaginate di dovervi sovrapporre una stessa traccia sulle due mappe … oltre ad avere difficoltà a non coprire elementi significativi, passeranno per punti diversi e a quote diverse da quelle reali.
   
Specialmente in territori estremamente scoscesi come quello dei Monti Lattari le curve di livello (isoipse) sono molto ravvicinate e non è possibile tener conto dei brevi tornanti e delle rientranze che invece possono essere registrate dai gps. Dico “possono” in quanto può capitare anche l’esatto opposto con valloni stretti, seppur notevoli, disegnati in mappa ma non rilevati dal gps. Infatti in presenza di valli strette e rocce (p.e. Riserva Ferriere, Passetiello, Crapolla) la precisione è ridotta e talvolta addirittura si perde il segnale. Di conseguenza una sovrapposizione congrua e plausibile risulta estremamente improbabile, praticamente impossibile.
Che fare? La soluzione più semplice (= la meno corretta) è quella di collimare i punti estremi (certi) della traccia senza preoccuparsi del suo andamento e sperare che fra essi non si creino grosse incongruenze. Non volendo procedere in questo modo poco ortodosso, basato solo sul caso, restano due possibilità (combinabili):
  • adattare la traccia al disegno
  • adattare il disegno alla traccia

Sembrano equivalenti, ma in effetti la seconda procedura è praticabile solo avendo la carta base in formato vettoriale. La soluzione migliore, a mio parere, e quella di trovare soluzioni intermedie caso per caso tentando di riferirsi a punti e situazioni cospicue. Lavorando su una carta base in formato raster (jpg, tiff, bmp, ecc.) si potrà intervenire solo sulla traccia gps e ciò è un limite, se non un controsenso, in quanto si va a modificare la linea che (almeno in teoria) è la più precisa. 
Infine, ci sono quelli che, senza crearsi tutti questi scrupoli e problemi, non si avvalgono neanche di una carta base degna di tale nome limitandosi a scaricare quanto serve da Googlemaps, dopodiché tirano qualche linea colorata "a occhio" e hanno la carta bella e fatta senza aver tenuto minimamente conto di dislivelli, transitabilità e qualità dei sentieri.