venerdì 9 dicembre 2016

Escaldón de gofio y chicharros

Non cambierei un abbinamento semplice e tipico (per le Canarie) come questo con nessuna fantasiosa combinazione di nouvelle cuisine. Tutto fresco, locale e naturale ...
Questo della foto è l’escaldón che ho mangiato ieri, derivato da un potaje con costillas (costine di maiale) e coperto da tocchetti di cipolla cruda e con un poco di mojo verde (tipica salsa canaria)... una prelibatezza. Solitamente viene servito nel classico tegamino nero, specifico per lo scopo.
So che molte volte, quando parlo di cibo e soprattutto di piatti tradizionali come quelli che piacciono a me, molti storcono il naso solo per non conoscere i sapori veri e non avere un “palato aperto” (né la mente).
Iniziamo con il gofio che solo ultimamente alcuni circuiti macrobiotici, salutisti, vegetariani e via discorrendo stanno cominciando a prendere in considerazione. 
Si tratta molto semplicemente di una farina tostata, che può essere di un ingrediente unico o di un mix di cereali e/o legumi. Quelli previsti dal protocollo (dal 2014 il gofio canario è un IGP) sono: mais, frumento, segale, orzo, avena, riso, ceci, fave e lenticchie, con la sola aggiunta di sale marino. 
Quelli più comuni in commercio sono quello di mais (millo), frumento (trigo) e quello misto (mezcla) al quale alcuni, trasgredendo, aggiungono anche altri ingredienti come per esempio carrube. Se ne fa anche una distinzione in base alla tostatura. (disciplinare IGP del Gofio canario in italiano)
Essendo già tostato, il gofio non ha bisogno di ulteriore cottura e si può utilizzare a caldo o a freddo mischiandolo con i più svariati ingredienti quasi a secco (zucchero, miele, banane, frutta secca, ...) e/o con vari liquidi, dai brodi al latte e perfino al vino.
Pare siano tutti concordi nell’accettare l’origine guanche (popolazioni delle Canarie prima della conquista degli spagnoli) e ancor prima berbera sia del nome che del tipo di preparazione che tradizionalmente dovrebbe prevedere la molitura con la pietra (pratica ancora rispetta da qualche forno).
Come già detto, i modi di consumarlo sono tanti ma i più comuni sono con il latte (per colazione),  amasado (come dolce, foto a sx) e escaldado (escaldón) come pietanza. 
In quest’ultimo caso di solito si utilizza scaldare il brodo di un potaje (quello tradizionale canario prevede l'utilizzo di numerose verdure e può includere o meno carne vaccina o suina), aggiungere il gofio fin quando non si amalgama (bastano un paio di minuti) e poi coprirlo con il contenuto solido del potaje. Mi hanno detto che in mancanza d’altro, la gente faceva bollire solo aglio e cipolle e poi aggiungeva il gofio
In rete troverete altre mille ricette e varianti, tradizionali, locali e moderne.
Seppur abbondante e saziante ho pensato, su suggerimento della cocinera Tata, di affiancare al mio escaldón una porzione di chicharros fritti, piatto classico delle coste atlantiche, dal Senegal fin su al Portogallo dove si chiamano carapaus, o carapuazinhos se sono di taglia piccola (li trovate in qualunque menù e coprono interi banchi nei mercati del pesce).
Come consumo equivalgono alle alici mediterranee, che si trovano praticamente dovunque e durante tutto l’anno. Per il gran consumo che gli abitanti di Santa Cruz de Tenerife ne facevano, e ancora ne fanno ma in misura ridotta, gli abitanti de La Laguna (antica capitale dell’isola) li soprannominarono dispregiativamente chicharreros. Attualmente, tuttavia, il termine non è più offensivo, è normalmente usato in alternativa a santacruceros e spesso riferito a tutti gli abitanti dell’isola, è diventato il simbolo della città e al chicharro (Trachurus trachurus, it. sugarello) è dedicato un monumento (foto) sistemato nel centro di Santa Cruz in una piazzetta dall’ovvio nome di Plaza del Chicharro.

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